“Game, set, match”. Reggio Calabria e Londra. Granillo e Wimbledon. Domenica è stato (quasi) come essere nello stesso posto. L’erba sfigurata del Centre Court come l’erbaccia secca ed ingiallita dello stadio reggino; il bianco (azzurro) obbligatorio come dress code sugli spalti (e rigorosamente rispettato da un’ottantina di spettatori con molto vago accento british); il panino con provola e salamella all’immaginario sapore di “strawberry cream” (panna e fragole); il profumatissimo Pimm’s rivisitato con la birra al posto del ginger ale. Ed il tabellone (spento o rotto, purtroppo) lo abbiamo veramente idealizzato con il nome dello sponsor storico (una nota marca di orologi di lusso) sopra quello dei due sfidanti, con il numero 2 ed il numero 6 illuminati di giallo. Game, set, match. Reggina-Matera 2-6.
La prima sconfitta in casa dei reggini, le sei reti al passivo, hanno rappresentato in maniera chiara ed evidente la forza ed il potenziale dei biancazzurri. La partenza è stata formidabile, da grandissima squadra. Don Tano ha rivelato subito l’imprinting tattico della partita: lancio a scavalcare la difesa avversaria sfruttando tutta la potenza dei cavalli vapore di Francisco Sartore che ha piegato e fiaccato i lunghi centrali amaranto. Che partita quella del brasiliano, bravo a sfruttare la chance da titolare ed a regalare fasi di gioco 2.0 per la modernità di gioco espressa e la velocità di esecuzione. Il partner tattico, Maikol Negro, si è esaltato in questa elevata dimensione tattica che a momenti si è trasformata in vero divertimento, con la palla che viaggiava perfettamente e meravigliosamente sui raffinati piedi dei due giocatori che avevano sempre più soluzioni nelle fasi di possesso.
Abbiamo assistito nella prima frazione a scatti individuali, inserimenti (bellissimo quello del capitano), duplici triangolazioni nella stessa azione a ridosso dell’area (segnaliamo lo scavetto di Jack Casoli per la seconda rete di Negro), tiri in corsa lanciata e tiri a giro (la traversa di Strambelli). Le tre reti di Negro sono solo il piccolo risultato di un lavoro quantitativo offensivo impressionante, il manuale dell’auterismo applicato pagina per pagina. L’unica crepa della prima frazione è stata la rete subita, che si è elevata a sindrome da deconcentrazione nella prima parte del secondo tempo. Se domini in quel modo, è inspiegabile il costante ripetersi di buchi ed amnesie su cui la squadra si fa trovare puntualmente impreparata. Abbiamo preso il classico goal con un solo passaggio centrale a tagliare centrocampo e difesa (il primo), abbiamo preso di nuovo goal da cross bassi con la difesa perfettamente schierata. Riaprire una partita chiusa più volte è stata la vera nota stonata della domenica, dove a preoccupare non è il, normale, errore individuale, ma il senso collettivo di disorientamento in alcune azioni (sbaglia l’esterno e subito dopo sbaglia pure il centrale difensivo; salta il centrocampista e si fa trovare fuori tempo anche il difensore).
Bravo Don Tano a ridare l’equilibrio perduto alla squadra (beccata anche nel dopopartita), inserendo De Rose (ed evitando l’errore di Siracusa) senza perdere trazione anteriore con Louzada e Carretta che hanno suonato la chitarra ed il violino del ritmo Klezmer che chiude “Baba O’ Riley” dei The Who (ascoltatela e avrete una lettura musicale del finale di partita).
BOTTOM LINE: la risalita di un gradino e la classifica accorciata significano fiato sul collo per le squadre che avevano allungato il passo ed i prossimi incroci di calendario potranno ridisegnare ancora i vertici. L’abbiamo ripetuto più volte, piede a tavoletta fino alla fine dell’anno, magari anche rischiando di più nelle soluzioni di gioco, ma evitando di sottovalutare il calendario più leggero che deve diventare il miglior alleato in questo momento, considerando anche gli uomini ai box per infortunio.
Good luck Matera and see you soon…
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