Durante il suo governo teocratico nell’Iran degli inizi ottanta, l’Ayatollah Khomeini ebbe l’idea di censurare ogni forma artistica ritenuta contraria ai principi del Corano. Fu colpito il cinema, l’arte e la musica, in particolare il rock, essendo ritenute le sue canzoni, eretiche e devianti rispetto alla rigida dottrina religiosa. La Fatwa censurò, in realtà, gli artisti più famosi, quelli occidentali, in un periodo floridissimo di nuove produzioni. Gli anni ’80 furono gli anni dell’esplosione musicale britannica con Queen, U2, The Cure, Smiths, Depeche Mode (l’elenco potrebbe essere lunghissimo) eretti ad avanguardia musicale mondiale. Da quella costola rock, nacque la più alternativa corrente punk che racchiudeva gruppi da uno stile più duro dal punto di vista strumentale, accompagnato da testi che inneggiavano all’anarchia ed alla ribellione sociale. Joe Strummer, frontman dei Clash, band londinese di freschi trentenni, portò la sua battaglia musicale proprio contro la censura iraniana della musica rock, con un brano, “Rock the Casbah” che aveva l’obiettivo di ironizzare sull’isolamento musicale dei giovani iraniani, invitandoli, al contempo a ballare il rock nelle medine e nei minareti del loro Paese, sbeffeggiando lo Sceriffo (Khomeini) al ritmo della chitarra elettrica cammello.
Facendo un’arguta metafora, la stessa fatwa, in verità abbattutasi in maniera del tutto endogena, aveva colpito i nostri meno inglesi, ma molto rocker, Casoli, Strambelli, Giovinco ed Angelo, ridotti, prima delle due ultime gare, ad anonimi musicisti di un, poco rock e sonnolente, fado portoghese. Ma (e la battuta ci vien facile), la musica è cambiata ultimamente e le corde elettriche della chitarra cammello, hanno sferzato le litanie della Casbah siracusana. Sono saliti sul palco tre grandi artisti, novanta minuti di grande esibizione e standing ovation finale per Jack Casoli, El Pibe del Libertà Nick Strambelli ed il Sambeiro Angelo Mariano de Almeida. Sono stati questi uomini, in particolare, a decretare il nuovo crocevia della stagione biancazzurra, Siracusa come tappa della svolta.
Don Tano, orfano di ben sette uomini (non sarà il caso di rivedere la preparazione precampionato?), ha deciso di schierare sulla linea del tridente offensivo il ritrovato Jack, promuovendo Sernicola cerniera tra attacco e difesa della fascia sinistra, riproponendo Giovinco punta bassa di movimento, ma soprattutto ha definitivamente liberato dalle strette catene che lo imprigionavano sulla fascia destra, Mr.10 Nicola Strambelli, fantasista libero di ideare, provare da ogni posizione ed, udite udite, di sentirsi generoso in incredibili rientri difensivi. Miracolo che farebbe ricredere un ateo convinto. A beneficiare della nuova posizione del Diez, l’intero reparto di centrocampo che funziona ora, ad ingranaggi svizzeri: Urso rappresenta il baluardo totale che protegge la difesa e sorregge l’attacco evitando di abbassare il baricentro senza schiacciare, così, la difesa; Salandria, rassicurato dal curriculum del compagno di reparto, sembra più convinto nella fase di regia e nelle fasi più bellicose della partita, pur perdendo, ancora, qualche pallone banale; Angelo, infine, ha respinto al mittente tutti i dubbi tattici ed anagrafici sulla sua utilità, regalando per il secondo match consecutivo, una serie industriale di cross che lo stesso Don Tano, allergico storicamente a tale soluzione, non avrà visto negli ultimi dieci anni di sue gestioni. Le novità, quindi, hanno fatto la differenza, anche se, la nostra curiosità, ci spinge ad una domanda: sono state la classica soluzione estrema tipo l’All In per il pokerista, od il frutto di intuito della vecchia volpe sicula? Un non lontano domani, sapremo la risposta (o la capiremo).
Le uniche perplessità rimangono sulla fase difensiva: nonostante si cambino gli interpreti, la grossolanità di certi errori non si spiega soprattutto per l’andazzo di una partita dove il Siracusa si è visto rarissimamente sulla trequarti biancazzurra ed, aldilà dell’errore individuale di De Franco, lo spauracchio rimangono le marcature a zona sui calci piazzati dove la difesa sembra muoversi “a braccia”. Per fortuna la reazione al pareggio regalato, è stata da grande squadra ed il dominio totale è parso evidente anche al più integralista dei tifosi aretusei.
La classifica, ora, ci fa respirare, lo stesso dicasi per il calendario con sei gare su nove da disputarsi in casa.
L’abbiamo detto e lo ripetiamo, la musica sta cambiando e, ne siamo sicuri, siamo solo all’inizio di una scaletta da brividi che ci vedrà ballare rock nelle Casbah.
Good luck Matera and see you soon…
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