1993: in Somalia, in piena guerra civile, vengono inviati i migliori uomini dell’esercito americano per catturare il signore della guerra somala, Mohammed Farah Aidid, responsabile del vile attacco ai Caschi Blu dell’ONU, garanti della pace. Doveva essere un intervento velocissimo, della durata di trenta minuti, con i Rangers supportati dalla Delta Force a sferrare un attacco via terra protetti dai blindatissimi Humvee per concludere, poi, il raid, con un’evacuazione a bordo dell’orgoglio tecnologico e militare dell’esercito statunitense, i formidabili Black Hawk. Quei velocissimi trenta minuti diventarono 15 lunghissime ore di durissimi scontri e l’azione americana si trasformò in un’incredibile disfatta. Il Presidente Americano Bill Clinton, spaventato dall’idea di un nuovo Vietnam, ordinò il ritiro delle truppe dalla Somalia. Tre anni dopo, Aidid fu ucciso ed il generale Garrison, con colpevole ritardo, rassegnò le dimissioni dichiarandosi, al contempo, unico e principale responsabile dei 19 soldati e gli oltre 1000 civili massacrati.
La missione Black Hawk del generale Auteri, è stata la trasferta nella lontanissima Lentini, fortino di Aidid Rigoli che regala, dopo 24 anni nell’inferno dei campacci di un’Italia dimenticata, un incredibile successo ai suoi uomini. Già, Don Tano sbaglia incredibilmente tattica militare e manda i suoi Rangers a schiantarsi nell’inferno della Mogadiscio bianconera, atteso al varco dai lanciarazzi abilmente camuffati nel prato ingiallito dell’Angelino Nobile che, nella coltre di fumo acre proveniente dai vicini terreni incendiati, abbattono inesorabilmente i Black Hawk biancazzurri. Down. A Terra. Partita persa su tutti i fronti. Atletici, tattici e tecnici.
La disfatta nasce da una serie di motivazioni: squadra non ancora pronta ad assimilare gli assiomi dell’auterismo, immaturità dei singoli nel gestire mentalmente i momenti di difficoltà, confusione generata dall’incredibile turn over che ha consentito di cambiare 5 uomini su 11 (esperimento sinceramente assurdo), caos assoluto quando si è trattato di riorganizzarsi e recuperare la partita, con uomini che non sapevano dove andare e cosa fare con la palla che, a tratti, sembrava un oggetto misterioso tra i loro piedi. Mai vista, sinceramente, una squadra allenata da Don Tano, mostrarsi così impreparata nell’affrontare un avversario che, nella parte iniziale, quasi per timore e rispetto, attendeva nella propria metà campo rinunciando a provarci.
Il segnale di debolezza all’avversario è stato dato, a quel punto, dalla stessa compagine biancazzurra che andava ad aprirsi sulle corsie centrali difensive lasciando l’ex D’Angelo libero di calciare e colpire con un tiro, in verità, pure innocuo. Grave responsabilità di Mattera in marcatura, errore che peserà a livello psicologico sul giocatore per tutta la partita, con un rigore assurdo concesso a Gammone, errori banali sugli appoggi e marcature latenti sui calci piazzati.
Proprio i calci piazzati rappresentano un dilemma tutto auteriano: sulle palle attive (e ci aggiungiamo anche le rimesse laterali) si vedono salire i centrali, ma i battitori continuano a cercare il primo palo basso, come se il banale cross fosse una bestemmia sull’altare; sui calci piazzati passivi si difende a zona, ma la parola difesa ha contorni così sfumati che se entrasse una donna con passeggino in area, sarebbe anch’essa un potenziale pericolo per la porta. Incredibile è la cocciutaggine con cui Don Tano si rifiuti di curare questa fase di gioco, tanto che non è un problema recente, ma sono due stagioni in cui gli asmatici chiudono gli occhi, si turano il naso e si tappano le orecchie (se hanno abbastanza mani) ogni volta che la palla è sotto la bandierina.
Malissimo le fasce, con Casoli e Macciucca a fare da perimetro laterale al campo al posto delle righe, malissimo davanti, con cinque uomini di ruolo, tra primo e secondo tempo, a creare il nulla. Zero tiri degni di nota (salviamo solo il diagonale del non attaccante Casoli), zero dribbling (nemmeno con l’uomo a terra), zero giocate. Ad oggi, tolta la corsia di destra affidata alla sorpresa Battista, non si capisce chi è la prima punta centrale, chi il titolare, chi giocherà a sinistra o se si continuerà ad invertire i ruoli (di Corado e Giovinco) così tante volte che, alla fine, vanno in tilt gli stessi giocatori intontiti da un over di indicazioni dalla panchina.
Serve una svolta mentale, serve concentrazione assoluta, serve la fame. I Rangers sono arrivati, De Falco, ma soprattutto Angelo, hanno dato buone indicazioni sulla possibilità di ritrovare il lancio del mediano centrale per sfondare sul binario laterale (di destra in questo caso), ma mancano ad oggi, opzioni di soluzione sulle incursioni centrali dei centrocampisti, sia per il tiro dalla distanza, sia per portare l’uomo in più in area, quello dei blitz.
La prossima sfida, contro il Cosenza, sarà già il primo esame duro della stagione. Speriamo che la settimana in più di lavoro abbia fornito a Don Tano i migliori segnali per dare un imprinting quasi definitivo al telaio su cui montare il motore che, seppur potente, ha bisogno di una struttura forte su cui reggersi. Ad maiora, semper.
Good luck Matera and see you soon…
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